La mostra si è svolta presso il Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano a Fano dal 25 novembre 2014 al 6 gennaio 2015.
Ecco una mostra che non è una mostra classica, ma un pretesto, un lancio, piena com’è di “reti” – non quelle della pesca, che pur ci sarebbero state a pennello – , di collegamenti e di interrelazioni fra temi ed immagini, scientifica e romanzata ad un tempo, ricca e stimolante, nonostante la pochezza - come si diceva una volta - dei mezzi a disposizione. “Abbiamo intanto aperto le finestre, sperando che le correnti entrino e l’aria cambi”, convinti che questa esposizione, completamente nuova, vi piacerà.
La mostra unifica in un unico percorso, seppur diviso in 4 ambienti spazialmente separati (la prima Sala del Museo archeologico, il Portico della corte, la Sala Morganti e la Saletta del contemporaneo al primo piano), i materiali selezionati provenienti da diverse strutture culturali (il Museo Civico e la Pinacoteca comunale, l’Archivio di Stato – Sezione di Fano e la Biblioteca Comunale Federiciana): materiali legati dal filo conduttore sintetizzato nel titolo Disegni e studi sul porto di Fano che ruota intorno al porto fanese, inteso come uno dei tanti emblemi regionali del Crocevia di Culture prodottosi nelle Marche durante i secoli. Una mostra piena di oggetti diversi (circa 50), fatta di manoscritti, libri, saggi, disegni, mappe, fotografie, cartoline d’epoca, strumenti e curiosità che hanno richiesto ben 25 bacheche, sotto i cui vetri si possono scoprire veri e propri pezzi “forti”. Tre esempi per tutti.
- Il primo è un astrolabio del 1565 realizzato dall’orefice Bernardinus, probabilmente un pesarese. E’ una rarità assoluta in questo campo. Si tratta di uno strumento utilissimo alla navigazione, costruito nel nostro territorio al tempo in cui il Ducato di Urbino era agli occhi degli europei la fucina più ricercata di strumentazione scientifica. Un laboratorio che nasceva dall’avanguardistica scuola roveresca di Urbino e che ha prodotto e diffuso non solo utensili e strumenti meccanici, ma conoscenze scientifiche di balistica, di ingegneria civile e militare e saperi tecnici applicati a diversi campi dell’architettura.
- Il secondo è un album di disegni del porto di Anselmo Bucci, un taccuino di grande formato realizzato dal pittore di Fossombrone durante il lungo soggiorno a Fano nell’estate del 1936. Tavole bellissime e coloratissime, fresche nel tratto e ricche di annotazioni a mano che confermano - se mai ce ne fosse bisogno - la fenomenale capacità di rappresentazione e la grande curiosità di Bucci per il mondo della pesca, i suoi uomini, le sue tradizioni, il dialetto.
- Il terzo pezzo è lo straordinario mosaico Nettuno tra i cavalli marini, conservato nella prima sala del Museo archeologico.
Ma veniamo al percorso vero e proprio. Senza intenzionalità, ma solo fortunosamente, un curioso “filo rosso” si è generato tra le diverse sezioni della mostra. L’aggettivo fortunoso non è usato a caso, perché è proprio a quella Dea della Fortuna, emblema di Fano, che si legano vari oggetti in esposizione:
- il primo è il noto “ciottolo iscritto” (così è catalogato ufficialmente, ma io lo ribattezzerei “ciottolo magico”) che si vede nella prima bacheca di vetro nella sala d’ingresso dei reperti archeologici. E’ una sors, come si dice in gergo specialistico, una “sorte”, un sasso rotondo inciso (di “selcio naturale, non lavorato né rotondato, con vene di quarzo”, per la precisione), collegato al rito della lettura della sorte, proveniente da un santuario delle Marche, con molta probabilità Fano. Comparve sulla scena del collezionismo antiquario nella seconda metà dell’Ottocento e l’originale si trova al Museo di Fiesole. Noi ne mostriamo una copia, il che non toglie fascino alla straordinaria storia cui è collegato.
- Sempre nel Museo archeologico, poco distante dal “ciottolo magico”, nella sala a lei dedicata, c’è da dare uno sguardo anche alla bellissima statua acefala della Fortuna, la classica immagine con la cornucopia sul braccio, che fu trovata assieme ad altri preziosi reperti nell’area del Vescovado subito dopo la seconda guerra mondiale.
- C’è poi la grande tela della bottega del Morganti, databile alla seconda metà del Cinquecento, una Veduta di Fano dal mare, presa a volo d’uccello. Per quanto deteriorata, mostra in primo piano, sulle onde, proprio la dea Fortuna, con il suo velo gonfio di vento.
- Il quarto oggetto è invece un libro, Il Porto della Fortuna di Alfredo Chiàppori, un romanzo del 1995 che trae ispirazione proprio dal porto della città adriatica e da tutto il corollario di miti, solenni e popolari, che in questo luogo aleggiano da tempo: la statua di Lisippo, le leggende marinare, il dialetto locale, ma anche il pesce azzurro, il brodetto, la Moretta, eccetera.
Che si può dire a commento di questi pezzi tutti collegati con la Fortuna?
Intanto che si abbraccia un arco temporale di oltre 2000 anni, il che fa onore alla storia di questa città e al mantenimento di questo simbolo pagano. E’ molto curioso e singolare che una città porti con disinvoltura un ricordo così forte di questo arcaico mito, ma è altrettanto vero e singolare che poco si sa della sua storia, di quel Fanum da cui dipende, se la Fortuna sia giunta dal mare o da terra e quale vento favorevole alzi il suo velo.
La mostra propone poi alcuni progetti originali degli interventi strutturali, migliorativi e di manutenzione del porto-canale, con le sue attrezzature, i suoi traffici, la sua vita quotidiana, che diventa, a partire dal XVII secolo, un luogo importante della città e quindi anche forum tematico della mostra. In questa selezione si trovano le tavole relative ai moli e alle palate, alla darsena, alle chiuse e ai canali collaterali, compreso il bellissimo disegno a colori approntato per la realizzazione di una gigantesca “rosa dei venti” sul vecchio molo a ridosso del faro (del tipo di quella realizzata in Portogallo), purtroppo mai avvenuta. Ma sono presenti anche i progetti resisi necessari tra Otto e Novecento per gli effetti di quel turismo balneare che è la vera novità internazionale sulle coste dell’Adriatico nel secolo appena passato; in particolare lo Stabilimento Bagni e l’Ospizio marino.
Ovviamente in tutta questa storia del rapporto della città col mare la parte del leone la fanno le immagini e i documenti relativi alle imbarcazioni, sia nelle forme arcaiche che nei profili moderni, a cominciare dal perfetto esemplare di asse del III secolo a.C. con la poderosa prua di galea per i trasporti marittimi stampata sul recto, per arrivare ai documenti archivistici del XVIII e XIX secolo e al disegno di una nave da combattimento equipaggiata con cannoni a prua. In mezzo stanno le barche comuni, quelle dei pescatori: i trabaccoli e i tartanoni soprattutto, con le loro vele colorate di giallo e di ocra (tanto amate dai fotografi e dagli artisti).
Quando si parla di barche si parla anche di carichi, che nel nostro caso sono rappresentati da una bella serie di anfore con tanto di opercola (coperchi), conservate perfettamente e in gran numero in un angolo del Museo Archeologico.
Resta da dire che in questo mondo pittoresco, ma fondamentalmente arduo e faticoso, spesso si presentano tempeste, burrasche e trombe d’aria, da cui le tante cronache dei naufragi. Ecco allora la dura lotta per la sopravvivenza in mare, testimoniata dai diari e dai “processi di recupero” conservati nei faldoni dell’Archivio di Stato, unitamente ai libretti di istruzioni e alle misure di salvataggio approntate per evitarli. C’è in questa sezione della mostra un oggetto curioso che merita di essere segnalato: una chiave recuperata dal naufragio di una nave avvenuta nel 1712, con tanto di lettera allegata, che è ancora in attesa di essere usata nel caso si verificasse il recupero in mare di una cassa smarrita. Una vera chicca!
Non mancano neppure animali e mostri, come il fantastico serpente marino tracciato sulla copertina di un opuscolo trovato tra le carte del XIX secolo conservate sempre nell’Archivio di Stato. O il gigantesco capodoglio ritratto dal vero dall’incisore Giuseppe Ceccarini, che proviene dalla Biblioteca Federiciana, dove si trova anche un'altra versione di questo straordinario cetaceo.
Ci sono poi piacevoli curiosità, a cominciare dal doppio disegno della Darsena Borghese (fronte–retro), ad inchiostro acquerellato, realizzato da Antonio Bianchi a fine Seicento per mostrare il nuovo monumentale fondale urbano collegato con il porto.
A testimonianza della storia più recente segue una suite di oggetti diversi, tutti legati al mondo del mare: dalle “truffe” in terracotta provenienti da Fratterosa, agli ex-voto della chiesa del Suffragio di Fano, ai galleggianti di vetro per le reti da pesca, realizzati ad Altare in Liguria fino a 50 anni fa. Tutte cose messe a disposizione da altre istituzioni e da privati venutici incontro con generoso slancio.
Hanno accompagnato questo bellissimo viaggio uomini illustri e persone sconosciute:
- gli storici Pier Maria Amiani e Vincenzo Nolfi;
- il papa Paolo V Borghese, sotto il quale venne realizzato il primo vero grande porto della città e che dà ancora oggi nome alla omonima monumentale Loggia sotto la Statale adriatica:
- gli idrogeometri e gli ingegneri del tempo: Bianchi, Facci, Grossi, Montese, Morato,Vichi, Selvelli;
- l‘architetto riminese Gian Francesco Buonamici - lo stesso subentrato al Vanvitelli nella realizzazione della torre di piazza - e il suo successore, l’ingegnere Carlo Murena;
- lo scrittore Giulio Grimaldi con il suo romanzo Maria Risorta, monumentale affresco del mondo marinaro fanese, qui in mostra con la prima edizione del 1908, corredata dalle straordinarie foto del cavalier Gaetano Baviera;
- i ricercatori Uberto Ferretti e Ermanno Corsi con i loro saggi scientifici sulla marineria, sulla pesca e sul porto;
- i fotografi Baviera ed Eusebi con le loro perfette e drammatiche foto in bianco e nero del primissimo Novecento e infine gli artisti, da Giuseppe Ceccarini a Anselmo Bucci, da Emilio Antonioni a Giorgio Spinaci.
Ma anche altri sconosciuti ci hanno fatto compagnia: pescatori, marinai, calafati e naviganti, gente umile più o meno fortunata, di cui abbiamo letto i nomi nei documenti d’archivio. La mostra è dedicata a tutti loro.
Infine voglio ricordare: la Cooperativa Produttori Molluschi e l’Associazione Vongolai di Fano, nella figura di Tonino Giardini; la Fondazione Cassa di Risparmio di Fano nelle figure del presidente Fabio Tombari e del consigliere Alberto Berardi; la Confraternita del Suffragio nella persona di Carlino Bertini; l’Amministrazione comunale di Fratterosa nella persona del sindaco Alessandro Avaltroni; gli operai del Comune di Fano. A tutti va il nostro più vivo ringraziamento per aver contribuito in diverso modo al successo di questa iniziativa.
Gianni Volpe
I documenti, le mappe, i reperti, le stampe, le fotografie e i disegni citati nel presente catalogo sono presentati in ordine cronologico.
I testi delle schede sono stati redatti dai rispettivi servizi di provenienza.
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
Si tratta di una sors che permetteva ai fedeli di conoscere la volontà divina. Il ciottolo è di provenienza dalle Marche e se ne è ipotizzato il ritrovamento a Fano. La copia originale si trova al Museo di Fiesole.
Altezza cm 132
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
La Fortuna, in marmo lunense, è stata ritrovata all'Episcopio. Oltre ad essere la dea tutelare della città di Fano, era una dea di buon auspicio, che ben si addiceva anche ad un contesto privato.
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
Di produzione genericamente adriatica, provengono da ritrovamenti fatti sia in terra (via Cecconi e via Papiria) che in mare.
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
Rinvenuto nel 1740 sotto il campanile di Piazza, il tondo a mosaico del Nettuno doveva far parte del contesto originale di una più vasta rappresentazione. Il soggetto di questo mosaico fa parte di un repertorio particolarmente diffuso nel II secolo d.C. in Italia e in Africa.
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
Frammento di lastra in calcare carsico, rinvenuta nella seconda metà del XVII “in una possessione di S.Michele non molto lungi dal Metauro in fondo la “Pompilia”, incastrata nella muraglia della casa del colono”.
G 257,83; mm 63
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
L'Asse fuso è la più antica moneta del Senato Romano. Presenta al dritto l'immagine di Giano bifronte e al rovescio la prua di una nave. La sua provenienza è sconosciuta.
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
Ritrovate insabbiate a poca distanza dalla costa fanese. Di difficile datazione, probabile utilizzo per ancoraggio a zattere. Restaurate nel 2003 dalla ditta Atlante di Grosseto.
Olio su tela, cm.146 x194,5
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
Nel dipinto risulta ancora leggibile il regolare tracciato urbano, nel quale sono evidenziati gli edifici e le chiese più importanti. In particolare è possibile evidenziare i complessi di San Paterniano e di Santa Maria Nuova, il Duomo e San Domenico. Il pittore, usufruendo di un punto di vista rialzato, ha avuto l'opportunità di dare maggiore rilievo agli edifici di rilevanza architettonica, specie lungo la costa. Sono ben riconoscibili il bastione Sangallo, il piccolo approdo utilizzato nei pressi di porta Marina prima della costruzione del Porto Borghese, la rocca Malatestiana e la statua della Dea Fortuna in mezzo al mare.
Lega di rame e zinco (auricalco); diam. mm. 173
Biblioteca Federiciana
L'astrolabio è un antico strumento astronomico tramite il quale è possibile localizzare o calcolare la posizione di corpi celesti come il Sole, la Luna, i pianeti e le stelle. Può anche determinare l'ora locale conoscendo la longitudine e viceversa.
Il nome deriva dal sostantivo latino astrum ("astro") e dal verbo latino labor, labi ("scorrere, scivolare su un piano inclinato"); se derivasse dal greco λαμβάνω "lambàno" l'esito italiano sarebbe diverso, forse "astrolàmbano" o "astrolabo" (dal tema λαβ-/ληβ- "lab-/leb-" derivato da λαμβάνω, da cui l'aoristo έλαβον elabon).
Per molti secoli, fino all'invenzione del sestante, fu il principale strumento di navigazione.
Questo posseduto dalla Biblioteca Federiciana è un bellissimo esemplare di astrolabio.
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
Statuetta bronzea della Dea Fortuna modellata e fusa nel 1593 dall’urbinate Donnino Ambrosi. La statua destinata alla fontana della piazza, poiché considerata troppo nuda, fu collocata inizialmente in una nicchia del palazzo dei Priori e sostituita da un grande vaso in bronzo. La disputa su dove collocare la statua durò a lungo, dato che fu sistemata sulla fontana solo nel 1611.
Inchiostro di Cesare Porta
cm 28,7x43,7
Biblioteca Federiciana coll. B 3 5
Nella carta di Cesare Porta, Progetto per il Porto di Fano del 1600, è raffigurato un mulino nei pressi della Rocca, senza però il canale di alimentazione (non c'era ancora él valat, che prendeva l'acqua dal Vallato del Porto esistente dal 1612). Non si conosce il corso d'acqua dal quale si alimentava, anche se si può ipotizzare una derivazione dal Torrente Arzilla.
Inchiostro acquerellato di Antonio Bianchi (?)
cm. 19,5x41,4
Biblioteca Federiciana coll. B 3 11
Al recto "Pianta del bacino del Porto Borghese di Fano, con progetto di chiusa"; nord verso l'angolo superiore destro; in alto, nota; in basso, scala di 300 palmi romani = 107 mm.
Al verso "Pianta di parte del bacino del Canale Borghese, con progetto di chiusa ed imboccatura"; nord verso l'angolo superiore destro; in alto a sinistra: "di settembre 1653."; in alto al centro, scala di 200 palmi romani = 71 mm.
La costruzione del porto Borghese di Fano fu avviata nel 1613, quando il Papa Paolo V (Camillo Borghese) approva il progetto dell'architetto Girolamo Rainaldi: i lavori termineranno nel 1618.
Si scelse il sito ai piedi della Rocca Malatestiana in modo da proteggerlo da eventuali incursioni dei Turchi: il Portus Burghesius è una darsena ottagonale di forma ovata con una loggia per la dogana circondata da due scaloni.
Una lapide del 1619 all'interno del locale della loggia ricorda la costruzione del Porto Borghese, "rifugio per le navi ed emporio per le merci".
Successivamente, nella prima metà del 1700, la struttura del Porto Borghese venne modificata con la costruzione del salto della Liscia, eliminando uno dei due scaloni che circondavano la loggia. Lo scopo era di far sì che le acque del Metauro (che giungevano attraverso il canale denominato Vallato del Porto) ripulissero dai sedimenti il porto. Non sono oggi più visibili il lavatoio e la fonte che si trovavano davanti al loggiato, ricoperti dopo il 1944.
Condotta dal parone Carlo Scarpa di Chioggia, nelle acque antistanti il litorale di Fano, davanti alla chiesa di S. Lazzaro. La chiave, avvolta in una lettera, si è salvata dal naufragio perché affidata al parone della barca, 1712
cm 28,5x20
Sez. Archivio di Stato di Fano, Archivio storico comunale, porto, b. 112
Tale documentazione è parte del “processo” sul naufragio della “peota”, che, come tutti i “processi” analoghi, si è celebrato di fronte ai “Signori di Magistrato della città di Fano giudici privativi in materia di naufragio”.
Effettuati sotto la direzione del cardinale Imperiali, prefetto della Sacra Congregazione del Buon Governo, durante il pontificato clementino.
Roma, ex Typographia Komarek, 1736
cm 45,5x33
Sez. Archivio di Stato di Fano, Archivio storico comunale, b. 132 (categ. 1)
Il pontefice Clemente XII, pur eletto al soglio pontificio a tarda età, avverte l'esigenza di migliorare gli scali adriatici per incrementare gli scambi commerciali e l'economia. Nel 1732 concede “la franchigia” al porto di Ancona e, pochi anni dopo, tramite la S. Congregazione del Buon Governo, promuove una serie di lavori al porto di Fano, evitando l'insabbiamento del fondale.
Inchiostro acquerellato
Disegnatore: Gianfrancesco Buonamici
cm 33,3x47,9
Biblioteca Federiciana coll. B 3 44
"Darsena Borghese e Ponte Astalli di Fano in seguito ad una rottura della Liscia”; in alto: "Prospetto della Loggia Borghese e Ponte Astalli con la Strada Romana, che gli passa sopra"; sotto, nell'ordine, prospetto e pianta. In basso a destra, legenda di n. 10 voci. A sinistra, in basso, scala di 30 piedi fanesi = 53 mm. e, sotto: "Del Cav.r Gianfrancesco Buonamici Arch. della R.C."; colori, verde, grigio, ocra.
Naufragato nella spiaggia di Fano verso Marotta a danno del Sig. Carlo Ambrogio Lepri Appaltatore generale delle Valli di Comacchio colla Reverenda Camera Apostolica”, 1756
cm. 29x21; fascicolo di carte in gran parte sciolte;
Sez. Archivio di Stato di Fano, Archivio storico comunale, porto, b. 113
Subito dopo il naufragio del “burchio” sorge una controversia di giurisdizione tra i magistrati della città di Fano ed i rappresentanti della Rev. Camera Apostolica i quali ultimi non riconoscono la competenza della magistratura cittadina in quel caso specifico e chiedono, pertanto, l'immediata restituzione dell'imbarcazione danneggiata e dell'intero carico di anguille.
Biblioteca Federiciana Mss. Federici, 224/19
Il documento è scritto da Pier Sante Montese, idrogeometra, uno “sconosciuto” studioso del Porto di Fano. Nelle tavole che precedono le osservazioni, il Montese dichiara di prendere in esame i seguenti temi: le opere dei lavori fatti allo stabilimento del porto e del suo canale; la “positura dei monti collaterali al porto di Fano e il suo mare”: il moto e le tendenze delle acque marine, del corso dell'Arzilla e del Metauro; l'influenza sulle opere artificiali che viene dall'agricoltura delle terre limitrofe al mare; il metodo per la manutenzione del porto. Singolare il fatto che l'autore del documento si rivolga con umiltà direttamente al lettore “umanissimo” dichiarando di aver intrapreso “un azzardo superiore alle [sue] forze”.
Condotto dal parone Antonio Ortolani di Pesaro, naufragato la notte del 6 gennaio sul litorale di Osteria Nuova causa di una terribile burrasca, 1787
cm 26x18,5, carta sciolta facente parte del fascicolo processuale precedente
Sez. Archivio di Stato di Fano, Archivio storico comunale, porto, b. 113
Il documento fa parte del fascicolo processuale inerente il naufragio del “tartanone” condotto dall'Ortolani, il quale era partito da Ravenna e aveva fatto tappa, caricando vari colli di merci diverse, anche al porto di Pesaro.
Cm 29x21,5, fascicolo di carte in gran parte sciolte
Sez. Archivio di Stato di Fano, Archivio storico comunale, porto, b. 113
"Il tartanone”, condotto dall'Ortolani, che sembra fosse diretto al porto di Ancona, a causa di improvviso forte vento e del mare agitato, naufraga nei pressi di Marotta, nel tratto di
costa di competenza della città di Fano. Di qui il "processo" di fronte ai magistrati fanesi i quali interrogano il parone (comandante) e tutto l'equipaggio sulle circostanze dell'accaduto e redigono una precisa perizia dei danni subiti dall'imbarcazione e dalla mercanzia trasportata".
Inchiostro acquerellato
cm 26,6x38,6
Biblioteca Federiciana coll. B 3 31
In alto al centro; legenda dei colori; in corrispondenza della punta del molo, rosa dei venti.
In basso, scala di 150 palmi romani = 251 mm.; colori, rosso, marrore, giallo, grigio.
Il Molo Guardiano, quello a levante rispetto all'imboccatura del porto, fu costruito nel 1755, su progetto dell'ing. Murena, con lo scopo di trattenere la ghiaia del Metauro, rendendo il porto più agibile e sicuro. Nel 1764 l'architetto Sante Vichi, della Reverenda Camera Apostolica, fece una perizia, con relativa mappa, per riparare il molo guardiano, indicando di fortificare le palizzate con una scogliera murata a pelo d'acqua, ma nel 1798 una tempesta demolì il molo guardiano e per parecchi anni il porto ne risentì gravemente.
La ricostruzione del molo, iniziata dal Comune nel 1861, fu completata nel 1888 dallo Stato (subentrato al Comune nella gestione del porto), con una lenta sostituzione delle palafitte con i moli in muratura e con il prolungamento del molo stesso con una scogliera.
Tratta dall'opera Porti adriatici e paesi dell'Appennino nel secolo XVIII (Manoscritto palatino....), a cura di Daniele Sterpos, Roma 1973
cm 39,7x54,7
Biblioteca Federiciana, Sala Manoscritti
L’originale si conserva presso la Biblioteca nazionale centrale di Firenze. Si tratta di una delle rarissime (se non l’unica) immagini settecentesche a colori della città e del porto di Fano, in cui sono ritratte anche scene di vita quotidiana. Non è escluso che l’anonimo autore dell’opera (arricchita di una interessante “legenda”) si sia ispirato alle note vedute veneziane del Canaletto.
Incisione a bulino su rame. Incisore Giuseppe Ceccarini
cm 21,7x28,7
Biblioteca Federiciana coll. A 10 24
Rappresentazione di Capodoglio.
In basso all'incisione si legge "CAPO D'OGLIO", nell'angolo inferiore destro "IN FANO GIVS. CECCARINI SC".
Questa incisione è una copia di analogo dipinto di Sebastiano Ceccarini che ritrae un esemplare di Capodoglio spiaggiato nel giugno 1767 nelle vicinanze di Fano, all'altezza di "Osteria Nova" (l'attuale Torrette). Il dipinto, conservato presso la Pinacoteca del Palazzo Malatestiano del Comune di Fano, porta la seguente iscrizione: "Ritratto del Capidoglio capitato e preso nelle vicinanze di Fano avanti il casino del nobile Sig. Pietro Tomani detto l'Osteria Nova. Lunghezza di tutto il pesce palmi n. 42 (= circa 10,5 m). Circonferenza della testa p.n. 22. Larghezza della coda p.n. 13. Apertura del occhio come il fondo d'un tondo. Denti n.47. Mandibola di sotto lungha p.n. 9 quella di sopra p. 14. Lunghezza del ala p.4. Peso scandagliato per libre 40000. Basti il sapere che la sola testa non fu possibile esser mossa da sei buoni paia di bovi con tuttochè con più leve dalla parte opposta venissero aiutati adì 8 Giugno 1767".
Con il blasone di tutte le bandiere navigabili con gli principii di Geometria matematica e geografia pratica per rendersi un piloto esperto e pratico di condurre la sua nave per il vasto Oceano di questo mondo, del P.re Bacc. Giuseppe Antonio Candelari d'Ancona de' Minori Conventuali. Manoscritto nautico del XVIII sec.
cm 25x36; di cc. 43; legat. in cartone
Biblioteca Federiciana coll. Ms Amiani, 79
Il manoscritto comprende 31 tavole colorate rappresentanti carte geografiche ed astronomiche, vedute di Ancona e Roma, il disegno d'una “nave ancorata con tutti gli arnesi, armata con tutte le sartie e sua minuta descrizione”, il disegno della “Galera Capitana del Papa, ornata in pompa”, del Nettuno, nave da guerra inglese, e di un “combattimento navale fra due navi da guerra Maltesi e due navi da guerra ed una Tartana Algerine, che soccombenti restarono”.
Cm 20,00x26,5, inchiostro
Sez. Archivio di Stato di Fano, Fondo I.R.A.B., S. Michele, carte varie, n.2
Disegno realizzato sulla copertina di un registrino, contenente dati di natura amministrativo-contabile, che proviene dal fondo degli Istituti di assistenza e beneficenza di Fano.
Cm 19x25, inchiostro
Sez. Archivio di Stato di Fano, Fondo I.R.A.B., S. Michele, carte varie, n.2
Il fantastico serpente marino è disegnato sulla copertina di un registrino analogo al precedente.
Ancona, Succ. della Tip. Baluffi, 1867; l'opuscolo (cm 28X20,5) di 28 pagg.
Sez. Archivio di Stato di Fano, Archivio storico comunale, tit. 1, a. 1873
L’opuscolo contiene alcune interessanti “tavole”, nelle quali sono illustrate tecniche di soccorso in mare di imbarcazioni e di marinai (e pescatori) naufragati.
Con fotografie di G. Baviera e C. Claudi. Torino, Società Tip. Ed. Nazionale, 1908 (Prima Edizione).
Biblioteca Federiciana coll. A IV 2437
“Maria Risorta” è il nome della paranza di cui Salvatore, il protagonista del romanzo, è “parone”. Il mare, la comunità dei pescatori, i piccoli e grandi fatti della loro quotidianità, costituiscono lo sfondo di una storia d'amore e di morte.
Giulio Grimaldi (Fano 1873 - Marina di Pisa 1910), filologo, studioso di storia locale, poeta e narratore, fu uno dei più versatili e rappresentativi protagonisti della cultura marchigiana dell'inizio del secolo.
Presentazione di Carlo Antognini; con sei acqueforti originali di Mario Bellagamba. Ancona : L'Astrogallo, 1975
Biblioteca Federiciana, sala Manoscritti
La prima edizione dell'opera del Grimaldi fu pubblicata nel 1907 da Bemporad nella collana Almanacco Italiano.
La presente è un'edizione di pregio con le acqueforti di Mario Bellagamba, pittore e incisore marchigiano, che ha iniziato l'attivita' incisoria nei primi anni Sessanta e dal 1965 e' presente nelle esposizioni nazionali ed internazionali e in varie personali.
Di Uberto Ferretti; estratto dalla “Rivista Mensile di Pesca e Idrobiologia”, Anno VI (XIII), Pavia, Tipografia Cooperativa, 1911
Biblioteca Federiciana coll. A XI 4 59/13
Uberto Ferretti, nato a Jesi alla fine dell'800, si laurea alla facoltà di Veterinaria presso l'Università di Bologna. E' un personaggio molto noto nell'ambito della ricerca scientifica con frequentissime presenze a convegni e congressi. Sono numerosi i suoi scritti pubblicati nella prima metà del '900 sull'alimentazione, il colonialismo e l'industria del freddo. Il presente trattato testimonia il suo interesse anche verso l'ambito marino essendo un convinto sostenitore della razionalizzazione e intensificazione della pesca litoranea in Italia e della creazione di una efficace “industria pescareccia”.
Fotografie di Gaetano Baviera (1860-1958) che ritraggono il porto.
Biblioteca Federiciana, Sala Manoscritti
Le prime immagini fotografiche della città di Fano, tra fine Ottocento e inizi del Novecento si devono soprattutto a Gaetano Baviera (1860-1958). Tra queste molte ri-traggono il porto, mostrando l'assembramento delle navi, i pescatori nell'atto della tratta, il porto canale e il molo guardiano.
Collezione del Museo delle Terrecotte di Fratte Rosa (PU)
Anforetta panciuta con un’unica e stretta apertura, adatta alla conservazione di vino o aceto.
Oltre che nelle dispense delle famiglie, questo contenitore accompagnava anche il lavoro degli uomini, nei campi o in luoghi chiusi, comunque sigillata e ben protetto dall’unico foro che presenta alla sua sommità. È da questa caratteristica che prende il suo nome: l’apertura da cui si attinge in realtà stanca chi non è abile nell’uso… da questo il suo nome che deriva da “truffa”. Il fondo piatto del recipiente consentiva a questi contenitori un uso anche sulle barche da pesca. I centri di maggior produzione di questi oggetti risultano Fratte Rosa e Vergineto sulle colline tra Metauro e Cesano.
Diam. mm 100-200
Collezione privata
I galleggianti di vetro sono stati utilizzati negli anni intorno alla Seconda Guerra Mondiale, prima di essere sostituiti dai moderni galleggianti in plastica e polistirolo. Venivano impiegati anche come boe. Gli esemplari in mostra provengono dalla Vetreria artigiana di Altare (Savona), una delle maggiori ditte specializzate in questo tipo di produzione.
Collezione della Chiesa del Suffragio
I due ex voto, realizzati su tavoletta, rappresentano momenti di pericolo in mare: un bambino che cade nelle acque del porto e una donna che sta per annegare. Nel primo caso interviene in aiuto San Paterniano, mentre nel secondo appare la Madonna col bambino. E' interessante la rappresentazione del porto, del faro, delle vele e della spiaggia del lido. I colori vivaci, tipici degli ex voto, ricordano lo stile naif.
Lettere su carta intestata con immagine colorata “Ospizio marino in Fano...”
cc. 2, cm 27x21,5;
Sez. Archivio di Stato di Fano, Archivio storico comunale, Ufficio Tecnico, b. 66
I bambini scrofolosi erano affetti da una particolare forma di tubercolosi che provocava un ingrossamento delle ghiandole linfatiche del collo. Una sana alimentazione, ma soprattutto l’aria del mare, contribuivano al miglioramento delle condizioni di salute. Dopo l'Unità d'Italia gli “ospizi” sorgeranno in varie località costiere italiane e quello di Fano è uno dei primi sorti nelle Marche.
Cm 25x25, 68 fogli di carta da disegno.
Il documento esposto è di proprietà dell'Associazione Vongolai Fano.
L'album contiene splendidi disegni acquarellati che testimoniano il soggiorno di Bucci nell'estate del 1936 a Fano. Il taccuino è composto di 68 fogli di carta da disegno, numerati sul recto in alto a destra a matita dall'artista da 1 a 67 e copertina cartonata con motivi floreali di stampo “tardo liberty” con etichetta rotonda incollata in alto a sinistra.
Anselmo Bucci nacque a Fossombrone il 23 maggio 1887. Dopo gli studi classici al liceo “Marco Foscarini” di Venezia, studiò poi disegno a Este, alla scuola di Francesco Salvini. Allievo dell'Accademia di Brera a Milano nel 1904-05, partì per Parigi nel 1906, dove rimase fino al 1915, dedicandosi soprattutto all'incisione. Nel maggio di quell'anno tornò in Italia per arruolarsi come volontario di guerra. Morì a Monza nel 1955.
Si compone di tre documenti: a) prospetto, cm. 67,5x74; b) planimetrie, cm. 57,00x108,00; c) testo a stampa con foto-immagine dell'albergo, carte 2, cm. 31X21;
Sez. Archivio di Stato di Fano, Archivio storico comunale, Ufficio tecnico, b. 66
Si tratta di copia del progetto, a suo tempo depositato presso l’Ufficio tecnico del Comune, del grande stabilimento balneare fanese, realizzato e modificato più volte nel corso della prima metà del Novecento ed abbattuto definitivamente negli anni '60.
Tecnica mista su cartone; cm. 63 x 50,5
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
Giorgio Spinaci (Fano, 1904-1975). Il segno del car-boncino è incisivo, pieno, pesante e preciso, quanto morbido e quasi stinto appare l'acquarello che avvolge le figure al paesaggio con un'atmosfera densa di significati melanconici. Il porto e la marineria sono I temi privilegiati dell'artista fanese, che ci ha lasciato una profonda testimonianza del suo valore sia nell'arte pittorica che in ambito letterario. Il quadro è una testimonianza importante di uno dei più antichi lavori nell'ambito portuale: “il maestro calafato”, un operaio specializzato che faceva parte delle maestranze impiegate nelle costruzioni navali e nelle manutenzioni nautiche e che si occupava di impermeabilizzare le imbarcazioni con cadenza periodica.
Olio su compensato, cm 24 x19
Olio su compensato, cm 14,5 x 18,5
Olio su compensato, cm 19,5 x 24
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
Emilio Antonioni (Fano, 1895-1968). Si riconosce la mano di un pittore che si è dedicato ad un appassionato e approfondito studio del colore, con perfetta scelta della misura tecnica pittorica attraverso cui riesce ad esprimere aspetti poetici della sua città. Sono immagini dei luoghi vitali della marineria fanese. Nella ricca e articolata produzione, che data dalla fine degli anni Venti agli anni Quaranta, ha riscosso ammirati consensi tuttora vivi nella città.
Olio su tela, cm 27 x 41
Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano Fano
Augusto Simoncelli (1909-1993) è uno dei fondatori dell'Accolta dei Quindici, associazione culturale fanese nata nel 1946. Insieme ai suoi amici pittori, Simoncelli aveva l'abitudine di recarsi la domenica nei luoghi più caratteristici di Fano e li ritraeva nelle sue tele: è infatti nella pittura di paesaggio che egli elabora la sua grande passione. Esemplare è la sua opera qui presentata, dove esalta la veduta del porto nel suo effetto d'insieme e costruisce le forme attraverso la luce e le ricche pennellate, abolendo i contorni e velando l'atmosfera di una delicata nebbia.
Biblioteca Federiciana
Romanzo ambientato a Fano. Sui fondali prossimi alle coste della Dalmazia, in acque internazionali, giace da molti secoli una statua greca: e' un bronzo, che verra' poi attribuito al sommo artista Lisippo. Il suo ritrovamento inneschera' intricate vicende, anche giudiziarie, ma soprattutto, nello sviluppo del racconto, verremo a conoscenza di quell'inteso universo aneddotico, tecnico e lessicale che e' la cultura del mare. Il narratore, che ci apre il ricco scrigno della civilta' marinara, e' un giovane di citta' che inizia a frequentare il Porto della Fortuna - un'immaginaria localita' dell'Adriatico settentrionale, ma che molto assomiglia a Fano - per apprendervi l'arte della navigazione a vela. Quel preziosissimo e sorprendente recupero fara' riaffiorare una ricchezza archeologica, storica, linguistica e memorialistica che e' l'autentica originalita' di questo romanzo di Chiappori, che riesce a comporre un affresco eccezionalmente articolato del sapere del mare.